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“Ho vissuto una vita molto felice
ma non ricordo una singola settimana che lo sia stata”
Goethe
C’è la classifica dei paesi più felici. Quelli dove la gente sorride, immagino. Il “World Happiness Report”, stilato ogni anno da studiosi serissimi e appena pubblicato, ci spiega che i più felici al mondo sono i finlandesi (*)
Avrà a che fare con la vicinanza di Babbo Natale, suppongo. Al secondo posto si piazza la Norvegia, poi Danimarca, Islanda e Svizzera. Matuguarda questi nordici. Anche negli anni precedenti, il podio se lo spartiscono sempre loro. E io che pensavo che in quegli inverni dove ci sono due ore di luce bigia al giorno uno si deprimesse facile. Poi dal bigio si passa al sole di mezzanotte, e sarà anche una figata, ma secondo me alla fine ti stressa. Non so, tipo andare a cena fuori senza il lume di candela e roba del genere. E la Svizzera che ci fa? Si confermerà il proverbio che i soldi non fanno la felicità, ma possono aiutare parecchio.
Comunque queste classifiche sono sempre basate su parametri tipo la crescita del Pil (il prodotto interno lordo): così, se si spendono un sacco di soldi in farmaci antidepressivi il pil prospera e il paese diventa “felice”. Poi si considera sempre il tasso di istruzione e si deve quindi supporre che i bambini siano esclusi dal sondaggio: dovrebbero rispondere che sono felicissimi di andare a scuola.
Immagino che ora vengano aggiunti altri metri di misurazione al passo coi tempi, tipo a che velocità funziona internet per scaricare l’ultima serie di Netflix, che se la connessione è troppo lenta la gente va nel panico e comincia a mordere. Se poi si blocca Instagram si apre il baratro.
Non so perché ma mi pare che i posti dove la gente sorride di più non siano necessariamente ai piani alti di questa classifica.
Il fatto è che c’è una felicità che dipende da quello che hai e una che dipende da quello che sei. La differenza è che quello che hai può svanire in ogni momento, quello che sei non te lo leva nessuno. Una felicità che viene da dentro. Costruita dall’interno.
La prima è una felicità molto relativa, ma purtroppo alla base degli odierni meccanismi, che vorrebbero fartela inseguire 24 ore al giorno, praticamente fino alla lapide. Ti dicono che è una tua scelta, ma in realtà dipende sempre più da qualcosa o da qualcuno: i risultati, il contesto, i margini che si assottigliano, la concorrenza, le tecnologie “distruttive”, i cambiamenti “epocali”… E’ tutto un misurare per vedere se meriti il premio o la punizione, o il limbo precario del purgatorio. Così corri di più, verso le nuove mète che si spostano sempre; salti verso le asticelle che salgono sempre, cercando, magari, la redenzione.
In pratica sono altri che ti fanno decidere se devi sentirti bravo, oppure in colpa e inadeguato. Mentre sei lì che aspetti i riconoscimenti per il buon lavoro svolto. Che se ti mancano i like sui social e la chat non fa beep di continuo, si apre il baratro della solitudine.
La felicità che dipende da quello che sei è molto diversa.
Non dipende dalle misurazioni, dalle performance o da quello che pensano di te o da quello che tu pensi gli altri si aspetterebbero…
Dipende da quello che hai dentro, quindi anche da come vedi e percepisci la realtà. E’ sempre un problema di percezione.
Se il finlandese è già felice dentro, troverà il perenne imbrunire dell’inverno artico una cosa rilassante e meditativa. Altrimenti un incubo deprimente. Dipende da quello che hai (e hai costruito, e rinnovato, e riparato…) dentro.
Quando siete felici fateci caso. E’ il titolo di un libro. Che non ho neanche letto: mi è bastato il titolo, l’essenza. Se uno sente il bisogno di un upgrade, di aggiornare e fare un salto di livello nella qualità della vita… deve farci caso.
E ORA CHE SI FA?
“Si dava degli ottimi consigli, poi però li seguiva raramente”
Lewis Carroll - Alice attraverso lo specchio
Da quando qui a Bassa Finanza siamo diventati azionisti di Facebook, Pier Six - il nostro web designer marketing strategist – ha rinnovato la pagina di BF su FB. Visitatela: ci trovate anche i volti dei nostri eroi, Bottavio, La Bella Figheira, Padre Graziano…
Ormai, spiega Pier Six a me e Dolores che siamo sempre un po’ indietro, tutto gira sui social: tutto avviene sulle “piattaforme”. Così, l’altro giorno abbiamo provato a fare una campagna con degli annunci mirati per “catturare” utenti potenzialmente interessati e aumentare i “mi piace” (che senza i like non sei nessuno nell’universo). Niente di più facile, visto che come ben noto, Facebook sa tutto di tutti. Il problema è che devono aver sbagliato qualcosa nella geolocalizzazione, perché in due giorni Bassa Finanza ha collezionato 12.000 “like” da utenti di Kabul. Abbiamo sospeso la campagna prima di avere troppi seguaci nel Golfo Persico e dintorni.
Pazienza, rimarremo in pochi, come quei club dove si accede solo con il passaparola.
E’ questa bolla delle piattaforme tech, che sanno tutto loro, fanno tutto loro, con l’intelligenza artificiale che prevede i tuoi gusti, e dalle foto che posti su Instagram c’è l’algoritmo che traccia il tuo profilo psicologico…
Mi sa che c’è anche un sacco di fuffa.
Mi ripeto, scusate, come dicevo qualche mese fa:
“E Facebook ti ricorda che potresti conoscere un tizio che hai incontrato 20 anni fa e non ti ricordavi di conoscere (anche perché non t’importa un fico), ma l’algoritmo sa tutto e di certo volete essere amici.
Sono i robottini, gli algoritmi piranha che già infestano i mercati e poi più o meno tutto.
Infestano la rete e quindi le nostre vite.
Salvo poi chiedersi quanto di tutto ciò sia essenziale e quanto invece sia fuffa: l’apparire, finti e gonfiati, sfrecciando di qua e di là. Non solo uno stile di vita oggi, mi pare, ma anche l’essenza di molti business triliardari. Come i servizi pubblicitari digitali offerti dai giganti tech, dove il committente paga in base ai clic ricevuti.
L’altro giorno Unilever (il colosso mondiale che produce di tutto, dal dado Knorr al sapone Dove al Coccolino, al gelato Algida, al Mentadent, il the Lipton…) ha dichiarato che si è un po’ stancata di spendere miliardi in pubblicità digitale, sospettando forse che molti dei clic dichiarati siano in realtà manine automatiche di robottini. Che quindi non servono a una mazza, dato che i prodotti non li comprano.
Poi ci si è messa Procter & Gamble, altro colosso (Dash, Duracell, Gillette, le patatine Pringles, i croccantini Eukanuba…), che negli ultimi mesi ha tagliato il budget per la pubblicità digitale di 100 milioni di dollari. Risultato? Le vendite NON sono diminuite.
Chilavrebbemaidetto.”
Magari fra un po’ si sgonfiano le figate tech e le piattaforme. Intanto però si modificano le aspirazioni e i ruoli: se chiedete ai bambini, in molti non vi diranno più che da grandi vogliono fare la ballerina o il pompiere, ma la youtuber e l’influencer.
L’altro giorno la modella Kylie qualcosa, con labbra e fronte/retro assolutamente naturali ha twittato ai suoi 7 miliardi di followers (o giù di lì) che Snapchat stava diventando una app noiosa. Il titolo ha immediatamente perso l’8% in borsa. Cioè diversi miliardi di dollari, praticamente in tempo reale.
Influenzare l’opinione pubblica in tempo reale. Fighissimo. Chissà quanti possibili utilizzi…
A proposito di azioni. Da quando siamo azionisti di Ralph Lauren, Dolores – che alle piattaforme digitali preferisce sempre borse e vestiti tangibili - non sta più nella pelle. L’altro giorno è arrivata finalmente la convocazione per l’assemblea degli azionisti della nota casa di moda, e da allora lei sta preparando i bauli griffati per partire (c’è il tailleur da assemblea, l’abito da cocktail, il dress di gala… ). Infatti, è convinta che l’assemblea si svolga nella storica boutique di Fifth Avenue a New York.
Non ho ancora avuto il coraggio di dirle che il mega store super chic è chiuso da un anno: taglio dei costi e vendite che si trasferiscono online.
E anche l’assemblea si svolgerà in conference call, comodamente seduti da casa, magari in vestaglia e pantofole.
Datemi una mano: diteglielo voi prima che parta.
Ora però non vorrei che, a forza di parlare di piattaforme e algoritmi, si pensasse che ci si automatizza e basta. No, il mondo non funziona così. Almeno a certi livelli.
Ad esempio, l’altro giorno è stato presentato il nuovo modello di Porsche elettrica che arriverà a breve sul mercato. Un gioiellino di alto livello che verrà prodotto in una nuovissima fabbrica piena di robot iper tech che comunicano fra loro. Fabbrica dove però lavoreranno 1.000 nuovi addetti umani, perché, come ha detto il ceo di Porsche: “La tecnologia non ha la sofisticazione che può invece garantire un essere umano. Che per questo rimane sempre al centro di tutto.”
Lo stesso concetto, mi sentirei di dire, è applicabile in molti altri campi. In particolare dove si trattano le cose più sensibili, tipo i soldi, ad esempio.
In questo caso abbiamo però un miscuglio esplosivo, che rende il compito di investire, fare investire e fare consulenza di alto livello qualitativo particolarmente complicato:
c’è il breve termine dell’influencer finanziario di turno che spara due boiate e scatena reazioni a catena in tempo reale e dibattiti infiniti e spiegazioni che ripartono dalle guerre Puniche (per poi tornare al punto di partenza);
il tutto spesso si mischia all’impreparazione ai mercati (devono andare come voglio io: il 4% senza rischi);
poi ci sono le emozioni: la paura, l’avidità; quelli che si fanno rifilare le fregature pur di non ammettere che non hanno capito, o per non deludere quell’impiegata tanto gentile che ci si conosce da anni;
poi ci sono quelli che pensano di imparare leggendo qua e là (che ormai c’è Google, gratis), come se uno costruisse un modellino di Porsche di quelli con le istruzioni, il tutorial e la colla e per questo si sentisse arrivato al livello di ingegnere capo progettista…
Poi quella mania di chiedere in giro e fare confronti, come quando si va al supermercato per scegliere gli sconti.
E la mania di mettere tutti sotto esame per vedere chi è più bravo. Come quando si confrontavano i detersivi per vedere chi lava più bianco.
E’ stupefacente vedere come, quando ci sono di mezzo i soldi, molte persone riescano a fare le scelte sbagliate, affidarsi alle persone inaffidabili, inseguire illusioni surreali, mettersi nei casini con le proprie mani. Il tutto aggravato, credo, dalla falsa sensazione di gratuità (e dalla facilità) dei servizi. Ormai con Whattsapp posso telefonare gratis in tutto il mondo; per trovare un posto ho Google Map che mi guida, i giornali li leggo online, poi c’è Amazon che mi spedisce le cose gratis…
Sembra tutto facile, tutto a basso costo.
Per questo, forse, c’è così tanta gente che sta sempre a lamentarsi.
E’ come se uno comprasse un vestito ai grandi magazzini discount, ma poi si lamentasse insoddisfatto perché non è su misura, non calza a pennello e il tessuto non è di prima qualità e si sciupa subito.
Tutte le automobili hanno quattro ruote, ma solo poche sono Porsche.
E ora? E ora che si fa?
Beh, la volatilità torna a farsi vedere. Ed è abbastanza normale che sia così. Con tutti i casini e le mine vaganti che ci sono in giro (finanziarie, geopolitiche, sociali…), aspettarsi periodi di bonaccia perenne sarebbe davvero curioso.
Per commenti e considerazioni sull’approccio a questi mercati, rimando senz’altro alla newslettera precedente “Fate presto”, assolutamente valida e confermata a un mese di distanza.
I mercati hanno la fastidiosa tendenza a punire chi li prende alla leggera o chi si fa prendere dall’arroganza perché magari ha azzeccato qualche operazione. Magari passa del tempo, ma i mercati hanno una loro memoria e prima o poi presentano il conto per un bagno di umiltà. Come successo a quelli che per mesi (o anni) hanno speculato sul ribasso della volatilità, sentendosi al sicuro che tanto “si vedeva chiaramente” che le banche centrali sarebbero intervenute in soccorso. Hanno quindi investito al ribasso sull’indice Vix (l’indice della volatilità) semplicemente comprando un etf e vedendolo crescere e crescere e crescere. Facile, no? Un clic e via: siamo ricchi.
Poi però a febbraio la volatilità è saltata e l’investimento “facile” ha perso il 92% in un giorno (e non si è mai più ripreso da allora). Un clic e via: siamo fritti.
Velocity Shars Daily Inverse VIX (XIV)
NasdaqGM - NasdaqGM Delayed Price. Currency in USD
7.35 -91.65 (-92.58%)
At close: February 6 4:00PM EST
Così, preferisco ripetere cose noiose. Tipo: controllare i trailing stop (invece di controllare i prezzi ogni mezz’ora), non farsi prendere dal magone con le news, eccetera.
E abbassare le aspettative. Sì, torno a ripetere: quando ci sono le bufere l’obiettivo è contenere i danni. Perdere il meno possibile.
La vita scorre anche altrove. Non vale la pena di stare incollati agli schermi.
In questi giorni nei Portafogli Colorati sono scattati due trailing stop (Biogen ed Overstock). Altri si sono avvicinati parecchio. In compenso alcune posizioni sono salite assai (Micron Technology, Amazon, The Match Group…). Trovate qui tutti i dettagli e i Portafogli aggiornati.
Intanto, approfitto degli scossoni per comprare due titoli.
Di uno forse non abbiamo mai sentito parlare: Lam Research Corporation, un’azienda da… 35 miliardi di dollari di capitalizzazione. Parliamo ancora di tecnologia: il periodo pare propizio. La creazione di dati (comprese le 500 foto al giorno che ormai quasi tutti scattano, inviano e salvano da qualche parte) sta ormai avendo un andamento, un’espansione esponenziale, con previsioni (forecast) in impennata: