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PREVISIONI

Se sai di non sapere, sai già molto.

Socrate






Due sono le domande fondamentali che vengono poste insistentemente in questo periodo:


[if !supportLists]1) [endif]Perché i mercati sono scesi

[if !supportLists]2) [endif]Che cosa succederà da qui in avanti

A entrambe posso rispondere con una buona dose di certezza: sono domande praticamente inutili (purtroppo). Riguardo la prima c’è questa strana convinzione che, se si conoscessero i motivi per cui i mercati si stanno muovendo in una certa direzione, si potrebbero evitare le perdite. E’ impossibile, ed è un’illusione. I motivi sono sempre troppi e comunque valgono solo con il senno di poi.

La seconda domanda ha a che fare con le previsioni. Perché tutti vorrebbero investire solo quando si vede che sale, poi vendere appena si vede che ha smesso di salire e stare fuori dal mercato quando è chiaro che scenderà (e ricomprare quando ha smesso di scendere). E si passa un’incredibile quantità di tempo a discutere e interrogarsi su perché sia sceso e se continuerà a farlo o no. Che è come chiedere una consulenza a Paolo Fox e il suo oroscopo mattutino in tv. Oppure incaricare Giuliacci (il Bernacca dei nostri giorni) di elaborare un piano di investimenti. E’ tutto inutile. Come quegli infiniti studi e analisi e serie statistiche sui quali tanta gente si aggroviglia, quelli che ad esempio ci dicono che questo mese di ottobre è stato il più volatile degli ultimi anni. Ah, beh. E quindi?

Alla proverbiale domanda di Bassa Finanza “E ora che si fa?”, vorrei aggiungerne un’altra: E QUINDI?

Qui sta la differenza fra investire e parlare di investimenti. Molta gente spende tempo ed energie ad ascoltare questi “professori” che pontificano e dibattono su mercati e scenari. Salvo poi rimanere col cerino in mano, con la domanda “E quindi?”

Come diceva Arthur Bloch:


“Chi sa fare fa. Chi non sa fare, insegna.”


O, per dirla in modo più esplicito con un proverbio che si trova in rete:


L’ignorante sa molto

L’intelligente sa poco

Il saggio non sa niente

L’imbecille sa sempre tutto


Intendiamoci, non è che non si facciano previsioni. E’ ovvio che se compro un titolo sto facendo anche, implicitamente, una valutazione sul possibile sviluppo futuro. O se evito certi settori e investimenti lo faccio in base a uno scenario. Tutto questo è però un esercizio completamente inutile se non c’è tolleranza alle perdite. Perché è impossibile investire senza mettere in conto di avere delle perdite.

Invece, per dribblare questo fastidioso concetto, c’è la continua ricerca del timing, il momento giusto in cui comprare e in cui vendere. La chimera della mitologia di Borsa; il falso mito in base al quale è possibile investire evitando le perdite. Ma non solo: l’illusione è duplice. Se infatti si pensa di poter evitare i cali vendendo con un timing perfetto, poi ci vuole anche il momento giusto in cui ricomprare. Perché una volta che sei fuori puoi perdere grandi guadagni (e te li vedi sfilare davanti) oppure puoi perdere un sacco di soldi cercando di rientrare a prezzi sempre più alti.

Tutto questo, ripeto, nasce dal fatto che non ci sia tolleranza alle perdite. Non si è disposti a vedere le oscillazioni e i segni rossi nei portafogli. Chi si rivolge all’astrologo lo fa per farsi dire quello che vuole sentirsi dire. E moltissime persone, anche nel campo degli investimenti, vorrebbero piegare la realtà ai loro desideri, alle loro aspettative. Ma questa è una ricetta sicura per una vita di insoddisfazioni. Perché si basa su una presunzione. Un po’ come quei bambini bizzosi quando dicono: “Io, io, io…” e poi: “Voglio, voglio voglio!”

Spesso ciò deriva da un atteggiamento che abbiamo imparato a tenere nella vita in genere: l’attaccamento alle cose, alle idee, ai desideri. Da cui facciamo dipendere la soddisfazione e in definitiva la felicità. Purtroppo abbiamo imparato qualcosa di sbagliato, mettendo al centro dell’esistenza un culto che sempre ci tradisce. Bisognerebbe disimparare e lasciare andare, invece di accanirsi e trattenere. Almeno, se si vuole essere liberi.


L’altro giorno la Consob ha pubblicato il suo Rapporto annuale sulle scelte di investimento delle famiglie italiane.

Dove si scopre che quasi il 50% degli intervistati dichiara un’avversione totale alle perdite. Cioè non vuole vedere segni rossi. Chilavrebbemaidetto. E quindi?

Come fa a investire, mi chiedo io?

Inoltre, per effettuare scelte vincenti, quasi la metà degli “investitori” si affida alla cosiddetta “consulenza informale”: cioè, chiede consiglio ad amici e parenti. Giuro. Immagino che l’altra metà si rivolga a Paolo Fox, Barbanera e al Sesto Caio Baccelli. Se vi state chiedendo come mai non ho menzionato i F.lli Boscoli e la loro consulenza con il senno di poi, il motivo è semplice: i Boscoli vanno pagati.

Dal report della Consob:


“È significativo, inoltre, l'atteggiamento nei confronti dei costi del servizio: il 45% degli investitori non sa indicare come venga remunerato il proprio consulente, mentre il 37% crede che il servizio sia gratuito.”


E comunque, in generale, il 50% dichiara di non voler pagare alcunché per la consulenza. Ecco perché si rivolgono ad amici e parenti per qualche dritta vincente. Come se uno che volesse diventare cuoco comprasse solo le dispense in edicola con le ricette di Suor Germana per risparmiare. Auguri.

Prima si parlava di presunzione. Il 40% degli intervistati dichiara di avere una buona conoscenza di prodotti e mercati finanziari. Solo che, messi di fronte a un questionario con qualche domandina tipo: “Indichi la differenza fra un bot e un labrador”, quasi l’80% non arriva alla sufficienza. Forse un po’ di umiltà non guasterebbe. Soprattutto per non trovarsi a vivere in conflitto con la realtà, perseguendo una propria visione.

E quindi?

E quindi vorrei un attimo ricapitolare la realtà in cui siamo, riferita ai mercati.

I tassi di interesse continuano ad essere negativi. Almeno quando si vuole investire in qualcosa considerato sicuro. Ebbene sì: la sicurezza ha un costo. Chi ad esempio vuole rifugiarsi nei titoli di stato tedeschi deve pagare. Cioè non riceverà alcun interesse, ma anzi sarà lui a pagare il Governo di Berlino.

Ma, chissàmaiperché, ho la sensazione che ci sia ancora un sacco di gente a cui questo concetto non torna. “Si ma però” dicono “a me basta guadagnare il 3% senza rischi”. Certo, pieghiamo la realtà. Auguri.

Nel frattempo, i mercati obbligazionari continuano lo stillicidio con rendimenti intorno allo zero (quando va bene).

E l’azionario, come ben visto questo mese, ha nella sua natura il fatto di essere volatile. Che se davanti a un -10% ci si rifugia in cantina con le razioni K di sopravvivenza… forse bisogna chiedersi se siamo adatti all’investimento in azioni. O meglio, dato il contesto attuale, se siamo adatti all’investimento in genere. Un bel Buono Postale e non se ne parli più, come fa ancora la maggior parte degli italiani, secondo la ricerca Consob. Dopo però, vietato lamentarsi che rendono poco o tremare all’idea di una catastrofe Italia.

Quindi, chi è allergico ai segni “meno” e controlla con apprensione i portafogli un giorno si e l’altro anche, se ne faccia una ragione. O si faccia una domanda. Magari si chieda se con la stessa ansia controlla tutti i giorni anche il valore della casa in cui vive per vedere se è sceso rispetto al picco e angustiarsi.

O se ogni settimana fa valutare la sua azienda (o il suo negozio, la sua attività) per vedere se ci perderebbe a venderla.

Per sperare di guadagnare ci vuole tolleranza alle perdite, e pazienza e tranquillità (oltre ovviamente alla gestione dei rischi). Altrimenti penso che sarebbe una vita da incubo.

E allora che si fa?

Prima di tutto continuiamo a gestire il rischio.

Nel solo mese di ottobre sono scattati 9 trailing stop. In tutto, da inizio anno sono 34 le posizioni chiuse, a dimostrazione di un periodo volatile. La cosa importante è che il risultato medio per ogni posizione è stato di +9,2%: quelle in guadagno hanno abbondantemente compensato quelle con i segni rossi. Sarà fortuna? Può darsi. Comunque una fortuna ostinata, perché dal 2010 a oggi nei Portafogli Colorati sono scattati 126 stop e il risultato medio è di +7,8%. In definitiva non si è mai perso (qui i dettagli).

So bene che ci sono situazioni frustranti dove il prezzo del titolo scende, lo stop scatta e poi il titolo risale. Ma quel che conta è che in media questa gestione del rischio è l’arma migliore.

Gli stop loss ti proteggono dai disastri, mentre il trailing stop ti consente di inseguire l’ascesa del titolo senza vendere troppo presto (qui i Portafogli con le posizioni e gli stop aggiornati).

Detto questo, la situazione, o meglio la realtà illustrata sopra, non è per niente facile. Ma ovviamente non starò qui a dilungarmi in scenari e previsioni. Penso solo che sia necessario essere umili e avere basse aspettative. Per tutto il resto ci sono i guru (o i consigli di amici e parenti).

Naturalmente non è possibile comprare solo azioni. Allora oggi compro un fondo bilanciato, in sostituzione del Nordea Stable Return che recentemente se n’è andato. Scelgo un prodotto di una casa di gestione americana, la Meridian Funds (MFS), fondata nel 1924, che essendo ancora viva e vegeta ha evidentemente dimostrato di saper navigare i mercati con tutti i climi e anche attraverso le peggiori burrasche, dalla crisi del ’29 in poi.

Il fondo in questione si chiama Prudent Wealth: 50-60% di azioni globali (per gli americani è un’allocazione “prudent”) e il resto in cash o titoli di stato Usa a breve termine. Molto ben gestito, e speriamo che continui a esserlo.


Nella burrasca di ottobre, che ha colpito in particolare il settore tecnologico, il lusso , il biotech… alcuni titoli sono usciti vincitori: quelli più “noiosi”, che hanno un business semplice, come la cioccolata della Hershey, o Mc Donalds o i film della Disney.

Voglio comprare un altro titolo che non dipenda solo dalle inovazioni hi-tech, ma che invece crei dipendenza: come il caffè.

Starbucks, per chi non la conosce, è una catena di caffetterie in grande espansione nel mondo: 15.000 negozi solo negli Usa. Con un boom anche in Cina, dove se ne apre uno ogni 15 ore. L’espresso e il cappuccino vanno alla grande nel mondo, e Starbucks è riuscita a connotare il rito con il suo marchio, che piace anche ai più giovani. Inoltre ha recentemente stipulato un accordo con il colosso Nestlé, che commercializzerà nel mondo le cialde e le capsule del caffè Starbucks. E la Nestlé di queste cose se ne intende.

L'unico problema è che proprio mentre scrivevo, il titolo ha deciso di fare un balzo. Peccato, perché la si poteva comprare a un prezzo migliore, magari intorno ai 60 dollari. Comunque, rimane un ottima azienda e probabilmente nel lungo termine vale sempre la pena di entrare...


In un mondo sempre più complicato, chi ti semplifica la vita è destinato al successo. Se si pensa alla macchina burocratica e gestionale che un’azienda deve tenere in piedi viene da mettersi le mani nei capelli: adempimenti contabili, scadenze, gestione delle risorse umane, raccolta dati…

Così, chi vuole concentrare il suo tempo e le energie sulla crescita del suo business, delega le mansioni gestionali. Workday è un'azienda specializzata in questo: fa per te la reportistica di tutti gli aspetti, dalla storia personale di ogni dipendente alla raccolta e aggregazione dei dati finanziari e contabili, e li rende accessibili e facilmente fruibili tramite software e cloud dedicati.

E deve farlo piuttosto bene, visto che fra i suoi clienti ci sono: Amazon (con i suoi 500mila dipendenti in 16 paesi del mondo), Netflix, TripAdvisor, Roche, Hp, Linkedin, Mastercard, Morningstar, National Geographic, Primark, Prudential, Puma, Qantas, Salesforce, Sony, Spotify, Toyota, Unilever, Warner Music, Yale, Yoox, Zoetis…

Penso che valga la pena di provarci. Visti i chiari di luna attuali la metteremo nel Portafoglio Big Babol, quello più speculativo, che ha ovviamente registrato le maggiori uscite in stop. Quindi, riepilogando:

Per il Portafoglio Giallo compro: MFS Prudent Wealth Fund cl A1 EUR Acc, cod. isin:LU0583242994

Per il Portafoglio Bolla Fucsia compro: Starbucks, al Nasdaq, isin: US8552441094

Per il Portafoglio Rosso Big Babol compro: Workday Inc. al Nasdaq, isin: US98138H1014

A presto.

Giuseppe Cloza

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