DISCONNESSI
Tutto ciò che deve essere detto è già stato detto.
Ma siccome nessuno ascoltava, bisogna ripetere tutto da capo.
André Gide
L’altro giorno era la prima Giornata Mondiale dei Nonni e degli Anziani. Così a occhio, la sensazione è che ogni tre giorni ci sia una giornata mondiale di qualcosa. Comunque in questo caso la cosa mi pare interessante.
Premesso che bisogna intendersi sul significato della parola “anziani” (per i miei figli io sono “anziano” da quando ho 40 anni e, superati i 50 sono ormai irrimediabilmente “vecchio”), la faccenda non è di poco conto. Infatti ho questa sensazione che più si va avanti con il progresso tech e più il caos regni sovrano nella vita degli “anziani”.
A volte penso che nel Ministero per l’Innovazione Tecnologica e la Complicazione delle Cose che Prima erano Semplici imperversino nugoli di funzionari ventenni, di quelli che passano le giornate davanti a uno screen con le patatine e sono un po’ traumatizzati perché, già quando erano piccoli, al ristorante i genitori gli ammollavano il tablet perché non rompessero gli zebedei. Oggi si possono vedere i neonati (futuri funzionari) nel passeggino che smanettano con lo smartphone di mamma, che così se ne stanno buoni e ci si può fare lo Spritz in santa pace.
Questi giovanotti hanno evidentemente una visione della tecnologia molto semplice: è una figata normale e chi non la capisce è out. Purtroppo non immaginano il caos che creano ai poveri anziani & nonni, quelli della Prima Giornata Mondiale. Praticamente una specie da salvare. O forse c’è un complotto globale per eliminare silenziosamente gli “anziani” tagliandoli fuori, di fatto, dalla quotidianità.
L’altro giorno ad esempio mia madre mi ha chiamato rantolando perché, dovendo prenotare una visita medica, aveva chiamato come sempre l’apposito numero verde, ma le hanno risposto che ora si fa tutto online. Così, mi sono calato nel ruolo di badante digitale e le ho dovuto creare un account con tutta la serie intricata di passaggi per la verifica dei dati, le password con i caratteri speciali, gli sms con i codici di verifica, io non sono un robot, risolvi l’anagramma…
Ma poi le hanno detto che, per semplificare la vita agli utenti, ora ci voleva lo Spid, l’identità digitale, che era semplicissimo (credo che l’operatore con cui ha parlato avesse al massimo 21 anni), bastava scaricare una app, inserire i propri dati, quelli della tessera sanitaria, inquadrare il QR code, poi inserire il codice di verifica… A quel punto mia madre aveva già mandato a quel paese il solerte operatore, rimanendo ovviamente senza prenotazione. E per farsi visitare è andata la Pronto Soccorso simulando un malore.
In effetti, mandare a quel paese mi pare una pratica sempre più diffusa. Forse è per questo che si è tenuto a inizio luglio a Firenze il Festival dell’Italia Gentile…
Mi pare una lodevole iniziativa, per cercare di valorizzare l’importanza della gentilezza, che sembra essere caduta in disuso.
Personalmente ne sono un fautore. Sono convinto che se tratti le persone con gentilezza e con un sorriso (ma non di quelli falsi!) la vita è più leggera, più semplice. Ma la cosa che non finisce mai di stupirmi è che quando hai un atteggiamento tranquillo, gentile e sorridente molte persone ti guardano con diffidenza; immagino lo facciano perché non sono abituate. Se poi hai anche l’abitudine di ringraziare, si convincono definitivamente che li stai prendendo per il culo.
Tornando a mia madre e alle sue avventure digitali, il panico è dilagato quando le è arrivato il Green Pass sul telefono, con le istruzioni semplicissime per scaricarlo (usa il codice, clicca sul link, scarica la app, genera il QR code… ).
Se poi miracolosamente c’è anche un numero di telefono per avere assistenza da un umano, in genere sei il 24esimo in attesa e dopo una quarantina di minuti ti risponde uno che ascolta tutte le tue dettagliate descrizioni di come a te non stia funzionando la app ecc… e alla fine ti dice (praticamente sbadigliando) di provare a cambiare browser (che Google Chrome pare abbia sempre dei problemi esistenziali), o al limite di spegnere e riaccendere il computer.
Se c’è una cosa che non sopporto è quando qualcuno si comporta da fenomeno e cerca di farti sentire un imbecille, che certe cose succedono solo a te, mentre a lui fila sempre tutto liscio. Ti guardano con aria stupita dicendo: “A me non è mai capitato”.
Ad ogni modo, tornando a mia madre aggrovigliata nelle app, quando ho risposto alla sua telefonata, all’inizio sentivo solo ululati; poi fra una ringhiata e l’altra, mi è parso di udire frasi non proprio gentili, con un vocabolario colorito che non avresti mai detto per un’anziana signora, rivolte a chi aveva inventato questo piano segreto per eliminare gli anziani dalla realtà quotidiana, che senza l’assistenza dei badanti digitali sono sempre più out.
Allora, viva la giornata mondiale per i nonni & gli anziani…
Ma, a proposito di disconnessione dalla realtà. Pochi giorni fa è stata pubblicata la Natixis Global Surveys 2021, un’indagine che ha coinvolto 8.500 risparmiatori (investitori con un portafoglio di almeno 80.000 euro) in 24 paesi del mondo.
La cosa più interessante (ma forse meglio dire “divertente”) è che alla domanda “Quale rendimento (oltre l’inflazione) ti aspetti dai tuoi investimenti per i prossimi anni?”, la media delle risposte è stata, tenetevi forte: 14,5%.
Cioè, i risparmiatori nel mondo si aspettano in media di guadagnare il 14,5% l’anno (più il tasso di inflazione). Al di sotto sono delusi. Stupefacente: che cosa avranno fumato?
Negli Usa, si sa, sono più gagliardi e sono convinti di guadagnare come minimo il 17% l’anno; in Italia siamo più ragionevoli e ci accontentiamo solo dell’11,6%.
Forse ancora più stupefacente è il fatto che gli investitori professionali hanno una visione lontanissima da quella dei risparmiatori privati. Al 14,5% previsto da questi ultimi, loro rispondono con un 5,8%. Nel caso dell’Italia, i professionals sarebbero molto lieti di portare a casa il 3,8% annuo. Avendo quindi la certezza matematica di deludere le aspettative dei clienti, che ambiscono all’11,6%. Un gap spaventoso.
Al confronto, la signora Pina che vuole il 4% ma senza rischi, sembra una novellina senza pretese. Già, perché bisogna prendere in considerazione anche il concetto di rischio.
Pare che questo lungo periodo di salita dei mercati abbia reso gli investitori molto gagliardi. Praticamente dei leoni.
Alla domanda se temano i cali dei mercati, il 70% degli intervistati ha risposto che oscillazioni del 10% sono da considerarsi normali. Impavidi.
Li aspetto al varco, quando gli indici faranno -10% e loro si precipiteranno a vendere in perdita esclamando “chilavrebbemaidetto”.
Non impariamo mai.
E ora che si fa?
La faccenda degli impavidi risparmiatori che dichiarano di non aver paura della volatilità mi fa venire in mente che anche in questo campo i social stanno contaminando le acque. Ormai si sprecano le piattaforme infestate di leoni da tastiera che le sanno tutte loro anche nel campo degli investimenti.
Il fatto è che siccome il mercato sale da solo, molta gente vedendo i segni + nel portafoglio si convince di essere ganza. La realtà è che negli ultimi mesi circa il 95% dei titoli Usa quotati è salita raggiungendo nuovi massimi. Il che significa che praticamente bastava pescare a caso per trovare un titolo in crescita.
Purtroppo in molti si sentono dei fenomeni per questo e, puntualmente, prima o poi verranno puniti duramente dai mercati, che non tollerano a lungo i presuntuosi.
Chi invece negli ultimi tempi ha preso un po’ di bastonate in Borsa è la Cina. Dopo 20 anni in cui il governo ha lasciato che il capitalismo dilagasse assieme al progresso tecnologico, il Partito pare aver deciso che era ora di ricordare a tutti chi comanda laggiù. Sembra che i consiglieri dei grandi leader stiano suggerendo di rimarcare la supremazia del Partito su tutto e su tutti (come si era già ben visto con Hong Kong). Così, hanno improvvisamente cominciato a bacchettare le grandi aziende, regolamentare, imbrigliare, multare, cambiare le carte in tavola con decisioni unilaterali e inappellabili…
Il che ha ovviamente terrorizzato i mercati, che si fanno tutti la stessa domanda: come faccio a investire in un’azienda cinese, se poi all’improvviso arriva il Partito, cambia le regole e rompe le uova nel paniere? Ecco che molti titoli cinesi sono crollati, e nei Portafogli Colorati sono scattati – ahimé – due stop loss.
Adesso bisogna sperare che i cinesi ai vertici, nella loro infinita saggezza, non decidano di insistere troppo su questa strada. Che alla fine secondo me è un po’ come tirarsi la zappa sui piedi (o in altre parti del corpo…).
Gli stop loss, lo so, possono essere molto fastidiosi. Specialmente quando il titolo rimbalza poco dopo essere stato venduto in stop. Come successo a marzo del 2020.
Motivo per cui, su certi titoli che ritengo essere di lungo termine ho eliminato stop loss e trailing stop.
Inoltre, queste protezioni non sempre ti proteggono come vorresti. Se incappi in un evento devastante (come quello del governo cinese che ha deciso che le aziende di tutoring ed educazione privata devono trasformarsi in no profit dall’oggi al domani) e il titolo apre le contrattazioni a -70% come avvenuto l’altro giorno, non è che hai molti modi di ripararti. In questo caso, quello che ti salva è la diversificazione. In linea generale, un singolo titolo non ha mai un peso superirore al 4-5% del portafoglio. Così, anche se facesse -100% (come stanno per fare quei titoli cinesi), l’impatto complessivo sul Portafoglio Colorato non sarebbe mai catastrofico. Fastidioso sì, ma non catastrofico.
Detto questo, le protezioni, almeno su certe posizioni, secondo me vanno sempre messe. I fastidi e qualche randellata, purtroppo fanno parte del processo di investimento. Solo con il senno di poi è possibile far andare tutto liscio. Per questo ci sono i F.lli Boscoli, gli infallibili guru che riescono a vedere anche la parte di grafico a destra, quella fuori dai monitor.
Nel frattempo, al di fuori della Cina, i mercati sono allegri. Quelli Usa in particolare sono praticamente euforici. Se a qualcuno fosse sfuggito, ricordiamo che l’indice S&P 500 è a +18% da inizio anno (che non è cosa usuale, nonostante le aspettative degli intervistati del sondaggio). Il Nasdaq (l’indice dei titoli tecnologici) è “fermo” a +16%... Dopo aver fatto + 47% nel 2020, + 38% nel 2019, un terribile – 1% nel 2018, +31% nel 2017… Insomma, non se l’è cavata così male.
In realtà, a ben guardare oggi le cose stanno cambiando. Ad esempio la cosiddetta market breadth, l’ampiezza della crescita, un indicatore che rileva la salute del rialzo, sta diminuendo. Significa in pratica che, mentre gli indici continuano a salire, in realtà il numero di titoli che hanno un andamento positivo sta calando. Cioè, la crescita complessiva dell’indice di Borsa è dovuta a un numero sempre minore di titoli (oggi tipicamente i soliti noti, da Amazon in giù…).
A uno sguardo superficiale sembra tutto a posto, ma più in profondità la qualità del rialzo si sta deteriorando e indebolendo. Sono cose che succedono in genere quando si forma un top del mercato, prima di un’inversione. Ma prima di precipitarsi nel rifugio antiatomico è bene sapere che le statistiche dicono che ci possono volere anche parecchi mesi prima di vedere un cambio di tendenza. Ad esempio, il fenomeno descritto sopra avvenne anche nei primi mesi del 1998, ma poi ci vollero circa 18 mesi prima che l’euforico mercato della bolla dot-com raggiungesse il picco nel 2000. Per poi sgonfiarsi di brutto.
Quindi, suppongo che in molti si stiano chiedendo: questa volta quanto ci vorrà prima che scenda? Dico scenda sul serio, non una delle tante oscillazioni momentanee tipiche di un trend rialzista. Beh, dato che siamo passati alle previsioni, che come noto sono cose difficili, passo la parola ai F.lli Boscoli con un illuminante estratto dal loro ultimo Report “Quando sale si vede”:
“Le Borse inizieranno a scendere appena avranno smesso di salire. Fino a quel momento conviene tenere le posizioni. Iniziare ad alleggerire solo quando si vede chiaramente che sta per scendere. Ricordare che quando scende va più veloce di quando sale.”
Ora che siamo tutti più tranquilli, passiamo alle preoccupazioni per l’inflazione di cui tanto si parla ultimamente.
In effetti ci sono prezzi in aumento su vari fronti. Uno dei motivi è certamente il fatto che durante i vari lockdown la produzione di un sacco di beni è stata rallentata se non interrotta. Così oggi ad esempio la produzione di automobili nuove subisce grandi ritardi perché l’offerta di microchip non è sufficiente a soddisfare l’enorme domanda del mondo sempre più tecnologico (automobili comprese). Così, si verificano strani fenomeni, tipo che negli Usa una macchina usata di 1 anno costa più di una nuova. Per il semplice fatto che quella nuova non te la consegnano se non magari fra un anno… Poi ci sono i rialzi delle materie prime… eccetera.
Per cui tutti i vari commentatori, analisti, guru… sono lì a paventare l’inflazione che devasterà i mercati. Solo che, solo che i bond non sembrano pensarla allo stesso modo. Se è vero che da inizio anno i rendimenti delle obbligazioni sono saliti, è anche vero che da aprile in poi sono tornati a scendere. Nel grafico sotto il rendimento del Treasury Usa decennale (il Btp americano):
I rendimenti di un’obbligazione salgono perché il prezzo scende (questi e altri misteriosi fenomeni ho cercato di spiegare in parole semplici nel mio libro Bassa Finanza).
Il prezzo scende perché la gente vende: non vuole più quel bond perché teme che in futuro i tassi saranno più alti (a causa dell’inflazione). Gli investitori pensano quindi di guadagnare di più comprando un nuovo bond emesso con i tassi di interesse più alti.
Solo che, come si vede dal grafico, negli ultimi mesi i rendimenti hanno ripreso a scendere. In pratica, il mercato dei bond sembra essersi tranquillizzato, che questa fiammata inflattiva non fa molta paura e tutto sommato la super crescita che si temeva potesse surriscaldare l’economia (costringendo le Banche Centrali a rialzare i tassi di interesse, mandando nel panico i mercati)… forse forse non sarà poi così super.
Bisogna ricordare che il mercato dei bond è il più grande che ci sia al mondo, con i suoi 100 trilioni di volume (100mila miliardi di dollari). Manovrato da migliaia e migliaia di mega teste d’uovo (e computer) che stanno tutto il giorno a elaborare analisi e proiezioni per guadagnare/risparmiare centesimi. Al contrario della Borsa (che funziona molto più di pancia) è un mercato molto sofisticato e razionale.
Quindi, forse in questo momento lo spauracchio dell’inflazione è considerato cosa passeggera. Con un sospiro di sollievo dei banchieri centrali, che possono così continuare a pompare soldi a tassi zero nei mercati, per gonfiare ulteriormente la mega bolla.
A proposito di tassi a zero. Oggi i bond in circolazione che offrono un rendimento pari a zero (sgradito alla signora Pina), anzi, pari in media a -0,27% sono oltre 13 trilioni (13.000 miliardi). Più del doppio rispetto al 2018. Sei volte tanto rispetto al 2015, quando erano “solo” 2 trilioni. Quindi, chi vuole guadagnare più di zero è sempre di più costretto a prendersi dei rischi, magari andando in Borsa. Se non è una bolla questa… È ovvio che finirà male. Ma non è altrettanto ovvio il quando.
Bene, e ora che si fa?
I Portafogli Colorati sono stati aggiornati e, tutto sommato, direi che se la cavano bene. Come già detto ci sono titoli con stop loss/trailing stop e titoli senza. La logica in quest’ultimo caso è quella di investire nei leader di mercato (anche in settori poco conosciuti, come ad esempio i software per la gestione della fiscalità aziendale forniti da Intuit) e non preoccuparsi delle oscillazioni.
Microsoft ad esempio si è avvicinata al +1.000% di rendimento in poco meno di 10 anni: che senso avrebbe oggi venderla per un calo del mercato? Hershey ha superato il 500%. Apple in passato è stata venduta 2 volte in trailing stop (con +70% e +96%), ma poi l'ho sempre ricomprata e con l’ultimo acquisto siamo ora a +235%. Insomma, certi titoli preferisco lasciarli fare.
Naturalmente, una volta che ci si trova nella piacevole situazione di avere su un titolo un guadagno del 100% è sempre bene secondo me portare a casa l’investimento iniziale e lasciare investito solo il guadagno. Dopodiché se il titolo continua a prosperare, niente vieta ogni tanto di fareun altro raccolto, tagliando ulteriori fette di profitto. Che potranno magari essere usate per comprare altro. Fare investimenti con i soldi derivanti da guadagni precedenti è una situazione piuttosto favorevole…
Ogni tanto qualche lettore impaziente si lamenta un po’ che non tutte le volte che esce la newslettera io compro qualcosa di nuovo. Diciamo allora che compro quando c’è qualcosa che mi convince e, non essendo pressato da motivi aziendali o di marketing, posso anche farne a meno. Anche perché, non è che manchino gli investimenti nei Portfogli.
Oltre alle varie posizioni in gold e silver, oggi ci sono in totale 46 posizioni attive: qualche fondo bilanciato, qualche obbigazionario, alcuni fondi ed etf azionari settoriali, un po’ di etc di criptovalute e poi 31 titoli azionari. Il tutto diversificato in vari settori, aree tematiche e geografiche. Praticamente il portafoglio di un fondo d’investimento.
Se proprio uno vuole investire qualcosa oggi, un settore che mi pare molto interessante è quello del fintech: la tecnologia applicata alla finanza, agli investimenti, ai pagamenti, alle transazioni. In questo campo è in corso una vera e propria rivoluzione.
Nel nostro piccolo, in Italia, lo vediamo bene dalla situazione delle banche tradizionali che faticano non poco a tenere il passo con il rinnovamento e la velocità dei cambiamenti. Allora mi viene voglia di comprare le azioni di una banca italiana che ha sempre avuto un modello di business particolarmente innovativo, sempre un passo avanti. Sto parlando di FinecoBank. Chilavrebbemaidetto…
Per il Portafoglio Giallo compro:
FinecoBank, quotata su Borsa Italiana, cod. isin: IT0000072170
Direi che per oggi ci possiamo fermare qui. Con un augurio a tutti di rimanere il più possibile centrati, connessi (ma non necessariamente ai social) e leggeri…
A presto.
Giuseppe Cloza
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